Eia Eia alala’! Le missine! (Myxine glutinosa)
No, non si tratta di un post sulle ex-camerate di partito della Santanche’, nonostante il nome ambiguo e il clima politico da campagna elettorale.
Quando studiavo per l’esame di Zoologia generale all’universita’, ricordo che sui testi che compulsavo si diceva, a proposito delle missine, qualcosa del tipo: “La classe Ciclostomi comprende in tutto una cinquantina di specie, tra lamprede (Ordine Petromizontiformi), marine e di acqua dolce, missine e bdellostomi (Ordine Missiniformi), solo marini o di acqua salmastra. I Ciclostomi, insieme agli estinti Ostracodermi, fanno parte della Superclasse degli AGNATI, che raggruppa tutti i Vertebrati acquatici primitivi, privi di mascelle.” (testo tratto, non a caso, da dispense di zoologia on-line dell’universita’ di Torino). Punto. Neanche due righe per descrivere questi animali, che fanno, chi sono, come sono fatti, come si sono evoluti. Non sarebbero interessanti, insomma, e meritano si e no una mezza paginetta scarsa.
E’ un peccato che queste bestie siano cosi’ poco considerate, persino dagli zoologi, perche’ rappresentano una collezione di bizzarrie tale da poterci scrivere dei trattati, a mio avviso.
Ma in pratica, se non sono donne del Movimento Sociale Italiano, cosa sono le missine?
Myxine glutinosa. Da: Balikavi.net
Le si potrebbe definire in molti modi, da “vermi vertebrati” a “bigattini di mare”, da “antenati dei pesci” a “fossili viventi” (aridaje!).
Ecologicamente, le missine occupano la stessa nicchia ecologica occupata sulla terraferma dalle larve di mosca carnaria, i bigattini: divorano in poco tempo animali morti o morenti rendendo il loro ambiente un posto igienico, paesaggisticamente decente e olfattivamente accettabile. Schifose ma utili, insomma. Entrano dalle branchie dei pesci e si fanno strada all’interno non appena cessa il movimento delle branchie, cominciando a mangiare dal fegato e scavando via via, fino a lasciare un involucro vuoto. Della loro dieta fanno parte anche invertebrati e mammiferi marini. Ne sanno qualcosa i pescatori dell’Atlantico, che a quanto pare si ritrovano a tirar su il pesce usato come esca completamente svuotato, con la missina all’interno. Cio’ mi sembra tuttavia un evento piu’ aneddotico che frequente, poiche’ quasi tutte le missine vivono in profondita’, generalmente sepolte nel fango, anche fino a 1300 m. Comunque non c’e’ altro modo per catturarle e studiarle, visto che in acquario non si nutrono e muoiono. E’ anche per questo che di loro si sa poco.
Evolutivamente i parenti piu’ prossimi delle missine (e delle lamprede) sono dei pesci fossili chiamati ostracodermi, che avevano uno scheletro a placche esterno, tipo quello degli artropodi, derivato dagli archi branchiali. Si inferisce (mancano prove fossili evidenti) che da un comune e ignoto antenato estinto dal Paleozoico (500 milioni di anni fa) da un lato sarebbero derivati gli agnati, i pesci senza mandibola (missine e lamprede) e dall’altro tutti gli altri pesci dotati di mandibola a movimento verticale (gnatostomi), e noi umani dagli gnatostomi. Di conseguenza, almeno secondo la visione cladistica, non c’e’ un’ascendenza evolutiva diretta agnati-gnatostomi, come mi era stato detto alle lezioni di zoologia, e pertanto e’ scorretto dire che gli agnati siano forme primitive di pesci, e nostri antenati. Tecnicamente, si dovrebbe parlare di “sister groups”, relativamente agli agnati e agli gnatostomi.
Zoologicamente, le missine riuniscono una serie di bizzarrie che non le farebbe sfigurare al circo Barnum.
Innanzi tutto, se non hanno la mandibola che si muove verticalmente, come mangiano? Guardando il disegno qui sotto, si direbbe che la bocca delle missine sia un incrocio tra quella di Alien e quella dei vermi di Dune. Il movimento dei denti e’ orizzontale, ed e’ causato dal movimento della lingua, provvista a sua volta di dentini tipo quelli di una raspa, avanti e dietro, con l’implicazione di una ventina di muscoli che aziona un meccanismo a pompa per aspirare il cibo triturato. C’e’ anche un dente sul palato. Roba da brividi.
Schema dell’apparato masticatore delle missine. Modificato da Dawson, 1963, ripreso da I ciclostomi
L’olfatto e’ ben sviluppato, poiche’ serve ad individuare il cibo, ma a parte quello c’e’ poco altro: mancano la vista (gli occhi sono atrofizzati e sepolti nel derma), la linea laterale, due su tre canali semicircolari, il cervelletto (ma come fanno ad avere il senso dell’equilibrio e a distinguere l’alto dal basso?), una delle due narici (ce n’e’ una sola) le pinne pari, (nuota con il velo, una piega non raggiata della pelle che corre ventralmente e intorno alla coda) lo stomaco, le vertebre (sebbene siano cordati (craniati), non sono vertebrati, perche’ la notocorda, cartilaginea, e’ intera e non articolata in vertebre), la scatola cranica (il cervello e’ rivestito solo da una membrana), la catena nervosa simpatica, i dotti genitali, una pigmentazione della pelle. I tubuli renali sono rudimentali, le branchie sono a sacco con una semplice apertura esterna (manca l’opercolo), e in numero variabile (5 paia in Myxine glutinosa). E’ rassicurante pensare che non discendiamo da questi cosi.
Di questi caratteri assenti, parte mancano primariamente, non sono mai stati posseduti neanche dall’antenato comune, come le vertebre, e parte secondariamente, sono un adattamento allo stile di vita fossorio di questi animali, per cui si e’ eliminato quello che non serviva, come la vista.
In compenso, se c’e’ qualcosa che non manca alle missine sono corti tentacoli (sei, due intorno alla bocca, quattro intorno all’unica narice) e soprattutto il muco: la mucina viene secreta da ghiandole cutanee (sacchi mucosi) poste lungo i fianchi e con l’acqua forma una sostanza di consistenza gelatinosa che protegge l’animale e gli permette di insinuarsi nel corpo dei pesci morti senza problemi. Inoltre scoraggia altri animali dal mangiare il pesce della missina, piu’ o meno come sputarci su per rendere il cibo disgustoso agli altri. Voci aneddotiche dicono che una missina glutinosa puo’ riempire un secchio di muco in una notte.
La riproduzione (a sessi separati) avviene tramite deposizione e ancoramento a terra di poche decine di uova (una trentina) molto grandi (circa 25 mm) e con un guscio duro, molto diverse dalle microscopiche uova degli altri pesci, da cui molto probabilmente emergono copie in miniatura degli adulti, visto che stadi larvali come quelli delle lamprede non sono mai stati trovati. Poco altro se ne sa in proposito.
Gastronomicamente, sebbene somiglino ad anguille pallide e barbute, le missine pare che siano di consistenza gommosa e odorino di olio di pesce, e sono consumate solo in estremo oriente (tutto fa sushi). Ecco alcuni ragguagli culinari sulle missine, cortesemente segnalatimi (e tradotti dal giapponese) da Tracina:
“La località coreana in cui si va ghiotti di missina è la contea di Gijang dell’area metropolitana di Busan, la più grande città portuale della Corea del Sud. Se anticamente la missina, a causa del suo aspetto, era schifata dalla Corte, che preferiva l’alga wakame, le alici o il pesce sciabola, non era così per il popolo, che considerava la missina un cibo di inestimabile valore: si diceva che bastasse mangiarne una arrosto, per dimenticare cosa fosse la fame.
Nel mercato di Jagalchi a Busan c’è una via interamente dedicata alla vendita di missine: dagli anni Sessanta si è diffusa la moda di mangiarle come spuntino di accompagnamento per gli alcolici, per cui non stupisce vedere gente comune cibarsene nei chioschetti di zona. Tuttavia il popolino dell’area della capitale, come pure i ceti ricchi di Seoul, continuano a schifarla.
Esistono diversi modi di preparare la missina, ma i più diffusi sono quattro.
-Arrostita sulla paglia
Si può dire che la missina di Gijang sia la più prelibata e arrostita sulla paglia trabocchi fascino rustico. Mettiamo le missine sulla paglia secca che brucia e cuociamole di filato. Apparentemente sembreranno completamente carbonizzate ma, se spostiamo la pelle, sguscerà fuori il corpo sorprendentemente bianco, leggero e asciutto. Quando si mangia, aggiungendo sale e olio di sesamo, il sapore stesso delle missine diventa migliore, un capolavoro di cui gli appassionati non possono fare a meno.
-Arrostita sugli aghi di pino
-Soffritta
-Alla brace
I giapponesi, invece, non hanno molta familiarità con la missina (che in giapponese si chiama mekuraunagi-anguilla cieca- o nutaunagi-anguilla nonsocosa-): un po’la schifano anche loro, a causa del sapore vagamente limaccioso, ma chi l’ha assaggiata l’ha trovata inaspettatamente gustosa.
E’ una (molto) libera traduzione di questa pagina web: http://www.pusannavi.com/food/food_mid.php?f_mid=273“
Insomma, primitive, disgustose, viscide, sara’ una coincidenza che si chiamano missine?
Range di distribuzione delle missine, sulla base delle specie note. Da: I ciclostomi
marzo 8th, 2008 at 1:21 pm
Sarà un caso che la zona in cui sono state identificate più specie sia anche l’unico posto dove le mangiano?
Danilo
marzo 8th, 2008 at 3:19 pm
Finalmente sei tornata. E che bella bestia!
Guarda anche qua:
http://www.youtube.com/watch?v=Bb2EOP3ohnE
Altro che volpicine e topini.
Marco
marzo 8th, 2008 at 5:07 pm
Marco: anche questo video non e’ male:
http://www.youtube.com/watch?v=NYRr_MrjebA&NR=1
anche chi non capisce l’americano non puo’ non rimanere colpito dal blob prodotto dalle missine, e’ incredibile! Mi chiedevo: chissa’ che quella roba non possa trovare un’applicazione industriale come bioalternativa a qualche lubrificante di sintesi?
marzo 8th, 2008 at 5:08 pm
Danilo: se peschi pesci e ci trovi dentro le missine non puoi fare a meno di notarle
marzo 8th, 2008 at 5:09 pm
E comunque, anche le bestioline pelose disgustosamente carine hanno una loro dignita’…
marzo 8th, 2008 at 6:20 pm
Ciclostomi era la parola che non mi veniva in mente l’altra sera su Skype.
“Hagfish” lo trovo molto azzeccato. Sul nome scientifico, non avevo voglia di tirare fuori il Rocci sbrindellato (dei miei, io ho fatto lo scientifico), e sul web ho trovato questa stravaganza:
http://www.summagallicana.it/lessico/m/myxos.htm
marzo 8th, 2008 at 9:04 pm
Sì, ma le altre sono incredibilmente più interessanti
Marco
marzo 8th, 2008 at 11:15 pm
Dund: link davvero molto carino e interessante, grazie: il tono scherzoso e simpatico riesce a far risultare leggibile anche una trattazione linguistico-etimologica, persino a chi, come me, non sa il greco (scientifico anche io).
Ci ribecchiamo presto su skype per un’altra chiacchierata, spero!
marzo 9th, 2008 at 9:23 am
Questa Summa gallicana la incontro qua e là per le più straordinarie ragioni. Il pezzo citata è assolutamente meraviglioso, grazie.
Marco
marzo 9th, 2008 at 10:41 am
[…] La Redazione: […]
marzo 9th, 2008 at 11:00 pm
tupaia, Marco: sono contento che vi piaccia. Confesso di avergli dato solo una scorsa quando l’ho linkato, e di non averlo letto per intero nemmeno ora. Mi sono perso nelle tortuosità etimologico-semantiche.
I video sono interessantissimi! Sembrano contraddire l’idea che non sopravvivano in cattività; certo bisogna vedere quanto ce le tengono, però a nutrirsi si nutrono (bleagh). Quel muco sembra un miracolo ingegneristico quanto la seta dei ragni. L’autore del secondo video dice nei commenti che non sarebbe un buon lubrificante…Comunque spaventoso quanta proteina producono. Mangiano di continuo? Hanno un metabolismo efficientissimo? Oppure il muco ha una struttura molecolare con legami larghissimi, poca proteina e tutta acqua?
Ultima dundomanda ecologica scema: perchè sono animali batipelagici?
marzo 10th, 2008 at 7:40 am
Per la domanda ecologica tutt’altro che scema: prova tu a nuotare con quel corpo. Le specie serpentiformi sono quasi tutte legate al fondo (o meglio, non mi vengono in mente pesci o altre cose a forma di serpente che stanno a mezz’acqua). Poi non sono proprio BATIpelagici. Alcune specie, come quella che sta distruggendo i pesci dei grandi laghi americani, Petromyzon marinus) stanno anche in pochi metri d’acqua.
marzo 10th, 2008 at 1:06 pm
Marco: ma Petromyzon è una lampreda, non una missina. E mi sembra anche che ora si dia per scontato che i due gruppi non sono granchè imparentati.
Per poi parlare di cose a forma di serpente che stanno a mezz’acqua, direi che proprio le lamprede sono un buon esempio, no? E magari anche Regalecus glesne. Lo so che viene descritto come batipelagico, ma come fa a nuotare in mezzo ai banchi di aringhe (da cui il nome volgare “re di aringhe”) se sta sul fondo?
Io direi che le missine stanno sul fondo per via della loro dieta. Le bestie morte lì arrivano
Danilo
marzo 10th, 2008 at 9:58 pm
Marco, danilo: grazie. Alla forma avevo pensato anche io. E’ vero che esistono altri pesci serpentiformi/aghiformi non batipelagici, tipo singnatidi e cose così, ma è vero anche che sono pessimi nuotatori (oscillano tra i sargassi etc). In realtà la mia domanda era più sul pelago che sul bathos. Cioè serpentiformi, quindi sul fondo,ok, ma perchè al largo quando a riva c’è tanto pesce? (Certo a ragionare così, il mare aperto dovrebbe essere spopolato). La risposta dev’essere:
Io direi che le missine stanno sul fondo per via della loro dieta. Le bestie morte lì arrivano
Banchi di pesci pelagici, prima o poi qualcosa cade giù. Uhm, mi faccio le domande e mi rispondo da solo. Marzullo incombe. Brr.
marzo 10th, 2008 at 10:08 pm
Ma te litigare con fuzzy non ti basta?…
Allora, il mio figliolo tassonomo e paleontologo mi dice che la posizione di missine e lamprede non è del tutto certa. Alcuni dicono che sono craniati, non vertebrati (tree of life). Alcuni che sono, assieme, sister groups dei vertebrati, altri che sono “parenti” (tra di loro). Insomma, è un casino (come al solito). Per quanto riguarda il mio esempio, era diciamo così solo ecologico, non tassonomico. Un animale a forma di lampreda, o di missine, secondo me ha difficoltà a nuotare in alto mare, a meno che non abbia adattamenti particolari, tipo un fegato pieno d’olio per stare a galla. Non sono fra l’altro certo che stiano sempre sul fondo per aspettare i morti. Le bestie assalgono anche animali vivi (o meglio vivacchianti) e quindi a volte si spostano di qualche decimetro in acque più libere. Questo l’ho detto per quel che mi ricordo, e adesso vado a controllare……
…… eccomi. Fishbase (da dove ha preso la foto tupaia) mi dice che vivono nei fondi fangosi, e che si nutrono di pesci morti o morenti.
Il re d’aringhe è definito, come dici tu, oceanodromo pelagico, ma credo che sia tutto meno che serpentiforme (a parte il fatto che è una bestia meravigliosa, e si merita una puntata di questo blog, per l’aspetto e l’interesse).
Ma forse è questione di interpretazione.
marzo 11th, 2008 at 4:01 pm
“Alcuni dicono che sono craniati, non vertebrati (tree of life). Alcuni che sono, assieme, sister groups dei vertebrati”
mmm… La vedo distratta, ultimanente, signor Ferrari ;-P
marzo 13th, 2008 at 1:56 am
Bigattini di mare. Non conosco se è un ‘invenzione della nostra blogger oppure un nome comune. Eppure lo sono, in realtà. Sono i principali scarnificatori delle carcasse delle balene che giungono su fondali marini (piuttosto profondi). Come le balene arenate che sono principalmente consumati e decomposti dagli insetti o dalle loro larve, così queste simpatice bestioline, in quattro mesi sono capaci di mangiarsi il 90% della ciccia di una balena (aiutati solo da qualche selace e qualche organismo minore, crostacei e quanto altro).
marzo 13th, 2008 at 2:03 pm
Distrattissimo (non si può cancellare un post?). E’ che mi sono impelagato in un “litigio” su una recensione di un libro difficile (per me, cos’hai pensato), cioè L’evoluzione in quattro dimensioni, di Jablonka e Lamb. Sto cercando di capire come giustificare il mio giudizio tranchant sulla recensione stessa, e allora mi perdo altre occasioni più divertenti e probabilmente interessanti, compresa la tassonomia sul tuo blog.
Mah, sarà l’età.
Marco
marzo 14th, 2008 at 12:08 am
Dimitri: Confesso che la definizione di bigattini di mare me la sono inventata io perche’ m sembrava descrivesse molto bene le missine.
Marco: se ci tieni certo che si puo’ cancellare un post! ma non ne vedo il motivo, hai certamente cose piu’ serie da fare…
marzo 14th, 2008 at 1:09 am
Non potendo intervenire sull’aspetto zoologico di queste affascinanti creaturine, in quanto totalmente ignorante in materia (vengo qui apposta per imparare qualcosa), mi permetto solo di dire la mia riguardo l’aspetto gastronomico. Spronato da Dund ho fatto una piccolissima ricerchina e sono finito sulle pagine in sito giapponese sulla Corea, dedicate proprio alla missina!
La località coreana in cui si va ghiotti di missina è la contea (sì lo so, fa molto Anna dai capelli rossi) di Gijang dell’area metropolitana di Busan, la più grande città portuale della Corea del Sud.
Se anticamente la missina, a causa del suo aspetto, era schifata dalla Corte, che preferiva l’alga wakame, le alici o il pesce sciabola, non era così per il popolo, che considerava la missina un cibo di inestimabile valore: si diceva che bastasse mangiarne una arrosto, per dimenticare cosa fosse la fame.
Nel mercato di Jagalchi a Busan c’è una via interamente dedicata alla vendita di missine: dagli anni Sessanta si è diffusa la moda di mangiarle come spuntino di accompagnamento per gli alcolici, per cui non stupisce vedere gente comune cibarsene nei chioschetti di zona.
Tuttavia il popolino dell’area della capitale, come pure i ceti ricchi di Seoul, continuano a schifarla.
Veniamo ora a qualcosa di interessante per gli amici della Prova del Cuoco:
Valori nutrizionali della missina
Circa cento grammi contengono:
135 kcal
72% di acqua
20,8 g di proteine
4,7 g di lipidi
1 g di zuccheri
1,5 g di cenere
16 mg di calcio
143 mg di fosforo
3,1 mg di ferro
2840 mg di sodio
1042 mg di potassio
(dati del Dipartimento di Ingegneria Alimentare dell’Università Kyungsung di Busan)
Esistono diversi modi di preparare la missina, ma i più diffusi sono quattro.
-Arrostita sulla paglia
Si può dire che la missina di Gijang sia la più prelibata e arrostita sulla paglia trabocchi fascino rustico. Mettiamo le missine sulla paglia secca che brucia e cuociamole di filato. Apparentemente sembreranno completamente carbonizzate ma, se spostiamo la pelle, sguscerà fuori il corpo sorprendentemente bianco, leggero e asciutto. Quando si mangia, aggiungendo sale e olio di sesamo, il sapore stesso delle missine diventa migliore, un capolavoro di cui gli appassionati non possono fare a meno.
-Arrostita sugli aghi di pino
Sostituendo alla paglia aghi di pino secchi, la cottura sarà la stessa ma dal pino verrà un aroma fragrante che attenuerà il peculiare sapore della missina.
-Soffritta
Il piatto si cucina soffriggendo, mischiandole alla salsa di base, le missine. Sarà più facile mangiarle con l’aroma dell’aglio e il gochujang (salsa piccante coreana). Nella zona di Busan sembra sia molto diffuso questo modo di prepararle.
-Alla brace
Questo modo di prepararla e servirla nei chioschi, ha avuto origine nei dintorni del mercato di Jagalchi. Dopo aver condito le missine, si mettono sopra un foglio di alluminio sulla brace e si arrostiscono. Si consiglia di accompagnarle con riso saltato.
Costo: in media tra i 6,50 e gli 8 euro.
I giapponesi, invece, non hanno molta familiarità con la missina(che in giapponese si chiama mekuraunagi-anguilla cieca- o nutaunagi-anguilla nonsocosa-):un po’la schifano anche loro, a causa del sapore vagamente limaccioso, ma chi l’ha assaggiata l’ha trovata inaspettatamente gustosa. Famo a fidasse?
La mia è una (molto) libera traduzione di questa pagina web: http://www.pusannavi.com/food/food_mid.php?f_mid=273 ci sono anche delle fotografie simpatiche.
Altre foto interessanti di simil-missine le ho trovate in questo blog: http://blogs.yahoo.co.jp/treasure_hunting_ship/folder/685945.html nella penultima foto sono visibili le branchie, nell’ultima invece ci sono i cilindri usati per la pesca.
Se sono andato eccessivamente fuori tema, chiedo venia. Ne approfitto infine per fare i complimenti alla padrona di casa perché questo è davvero un Signor Blog.
marzo 14th, 2008 at 11:54 pm
Tracina: davvero molto interessante, grazie!
I complimenti sono reciproci, la conscenza del giapponese e del coreano e’ un’abilita’ che ha tutta la mia stima.
Col tuo permesso, aggiungerei alcune di queste informazioni in coda al post, in modo che non vadano perse tra i commenti, citandone l’autore, ovviamente.
marzo 15th, 2008 at 12:22 pm
ma certo che puoi, a me fa solo che piacere! ^___^ grazie e complimenti ancora
aprile 28th, 2008 at 11:36 am
Ciao! interessante questo post ( e tutto il blog) e carino l’accostamento col titolo.
Saluti, una naturalista disoccupata ma ancora piena di speranze!
aprile 29th, 2008 at 9:21 pm
@ Timo: l’importante e’ sperare e fare del proprio meglio. Sono contenta che ti piaccia questo blog, l’apprezzamento dei colleghi e’ sempre gratificante.
febbraio 20th, 2013 at 1:39 am
Gran post!