Benvenuto, sengi dalla faccia grigia (Rhynchocyon udzungwensis)
Ogni tanto, persino questo blog dà buone notizie.
Segnalo la scoperta, da parte di un ricercatore italiano, il Dr. Francesco Rovero, e del team che ha lavorato con lui in Tanzania, di una nuova specie di sengi, o toporagno-elefante. Qui il pdf dell’articolo, una volta tanto gratuito.
Partiamo dall’inizio: cosa sono i Sengi? Sebbene appartengano ad un ordine ben definito, i Macroscelidea, con caratteristiche morfologiche distinte, se cerchiamo le loro parentele piu’ lontane diventano praticamente una macedonia riciclata da un minestrone. Quando furono scoperti, nella meta’ del secolo XIX, vennero, per le loro abitudini insettivore e la morfologia generale, associati ai comuni toporagni e inseriti nel calderone degli insettivori, che comprendeva un po’ di tutto, purche’ mangiasse insetti. Le moderne analisi genetiche e le scoperte paleontologiche hanno pero’ messo in evidenza che questi animali sono piu’ imparentati con gli elefanti che coi toporagni (il nome di toporagno-elefante, tuttavia, fu dato solo per via del muso “proboscidato” quando ancora non si sospettava la parentela). Dopo un breve passaggio tra gli ungulati, uno tra i lagomorfi e una rapida visita agli Scandentia (li si voleva includere insieme in un nuovo gruppo, i Menotyphla) furono quindi inseriti nell’altro grande gruppo pick-and-mix, quello degli Afrotheria. Gli Afrotheria sono tutti gli animali che possono vantare un’origine africana e comprendono gli iraci, gli elefanti, i dugonghi, gli oritteropi, i sengis, i tenrec e le talpe dorate. Di tutto un po’, insomma, basta che abbia antenati africani. Per evitare confusioni coi veri toporagni, oggi si preferisce chiamare i toporagni-elefanti col loro nome in lingua bantu’, sengi.
Il fatto e’ che questi animali sono antichissimi (uff, di nuovo, un ennesimo, fossile vivente!). Il primo fossile di Sengi risale all’Eocene, 50 milioni di anni fa. Dopo di allora conobbero un periodo di espansione, raggiungendo il massimo della diversita’ nel Miocene (24 MYA), comprendendo sei sotto-famiglie. Poi,misteriosamente, forse soppiantati dagli erbivori piu’ moderni, la maggior parte dei sengi scomparve nel Pleistocene. Oggi ci restano 15 specie (pardon, 16!) di sengi, divisi in due sotto-famiglie: I sengi a pelo morbido (Macroscelidinae), e i sengi giganti (Rhynchocyoninae). I sengi a pelo morbido sono praticamente delle pallotte di pelo da 50 g montate su trampoli e col naso lungo, diffusi in Africa orientale, e parzialmente in quella meridionale e nord-occidentale, escludendo le regioni di foresta primaria equatoriale.
Macroscelides proboscideus flavicaudatus. Con un nome piu’ lungo di lui, visto che pesa solo 40 g, e’ uno sei sengi a pelo morbido. foto di Galen Rathbun da: calacademy.org
I sengi giganti sono quelli che ci interessano. Fino all’altro ieri se ne conoscevano tre specie, tutte molto simili e distinte principalmente per il colore del mantello: Rhynchocyon cirnei (toporagno-elefante a scacchiera), Rhynchocyon petersi (toporagno-elefante nero e rossiccio) e Rhynchocyon chrysopygus (toporagno-elefante dalle terga dorate) [N.B. traduco letteralmente i nomi comuni dall’inglese perche’ mi sembrano descrittivi, ignoro se in italiano abbiano altri nomi]. Il motivo della somiglianza tra questi animali, e tra loro e i loro antenati, e’ da ricercarsi nella particolarita’ del loro micro-habitat, che e’ ristretto alle foreste montuose e alle valli dell’Africa Orientale dal Kenya meridionale alla Tanzania e non deve essere variato di molto negli ultimi 30 milioni di anni. Se la stabilita’ porta a pochi cambiamenti nel bauplan, l’isolamento pero’ e’ una buona spinta verso la speciazione, ed in effetti in quelle valli la biodiversita’ e gli endemismi sono molto elevati.
Sengi giganti a confronto: (a) sengi dalla faccia grigia (b) sengi nero e rossiccio (c) sengi a schacchi (d) sengi dalle terga dorate. Tavola da: Rovero, F. & G.B. Rathbun. 2006. A potentially new giant sengi (elephant-shrew) from the Udzungwa Mountains, Tanzania.
Journal of East African Natural History 95:111-115.
Riproduzione: I sengi giganti sono animali monogami, sebbene la coppia non abbia legami stretti: la femmina occupa il territorio del maschio, che e’ piu’ grande, ma vivono da separati in casa, cercando cibo e dormendo ognuno per conto proprio e incontrandosi solo per l’accoppiamento, che avviene senza interruzioni nel corso dell’anno. Non c’e’ differenza tra i due sessi a parte che il maschio ha canini piu’ lunghi e appuntiti che usa per litigare con altri maschi che osino attraversare il suo territorio. Dopo una gestazione di 45 giorni nascono uno, massimo due piccoli per volta, e una femmina puo’ avere anche 4-5 gestazioni in un anno.
La marcatura del territorio viene effettuata grazie a particolari ghiandole anali che rilasciano un odore molto pungente.
Alimentazione: si nutrono di invertebrati presenti nella lettiera del sottobosco, che trovano grazie al muso lungo e appuntito, alla lunga lingua e ai tre artigli sulle zampe anteriori che usano per scavare. Il cibo consiste di animali criptici come termiti, formiche, scarabei, ragni, millepiedi e lombrichi. Sono adattati a digerire anche i millepiedi tossici, sebbene pare ci sia una scelta e alcuni miriapodi siano evitati.
Ecologia: i sengi giganti sono tutti diurni (il nuovo arrivato non fa eccezione) e hanno un modo molto particolare di costruirsi rifugi: scavano una piccola buca, grande abbastanza per contenerli e la ricoprono con un monticello di foglie largo un metro circa. I rifugi sono costruiti di prima mattina, quando le foglie del sottobosco sono piu’ bagnate e gli animali fanno meno rimore nell’ammucchiarle. Vengono costruiti una decina circa di questi rifugi, che servono per la notte, per partorire e ospitare il cucciolo e a volte come rifugio diurno dai predatori perche’ sono molto difficili da individuare, mimetizzandosi tra la lettiera di foglie cadute. Ogni animale si costruisce una decina circa di questi rifugi, che cambia frequentemente per ingannare i predatori.
E adesso che sappiamo cosa sono i sengi giganti, e’ il momento di parlare del sengi dalla faccia grigia.
Grey-faced sengi Rhynchocyon udzungwensis. Foto di Francesco Rovero (2006).
Nel 2005, grazie a trappole fotografiche, il ricercatore del Museo Tridentino di Storia Naturale Francesco Rovero individua, sui monti Udzungwa in Tanzania un toporagno-elefante strano, diverso dalle tre specie conosciute. Sebbene dalle foto fosse chiaro che si trattava di una nuova specie, era necessario catturare degli esemplari per averne conferma. Nel 2006 e’ stata cosi’ organizzata una spedizione, in collaborazione con G.B. Rathburn della California Academy of Sciences, per catturare l’animale. Copio e traduco da qui:
“Fu organizzata una spedizione di due settimane nella Foresta di Ndundulu nel Marzo 2006. Il team di otto persone era composto da quattro tanzaniani, due americani, un inglese e l’italiano a capo della spedizione. Sul percorso di 10 Km dove erano state sistemate le trappole fotografiche, fu sorprendentemente trovato morto un sengi parzialmente divorato (probabilmente da un rapace) vicino al sentiero – confermando ulteriormente la scoperta di una nuova specie. Malgrado la pioggia quotidiana, e le trappole che si erano rivelate troppo piccole per questo sengi straordinariamente grande, ci vollero due settimane per catturare altri quattro esemplari con trappole tradizionali. Tra un temporale e l’altro, gli animali furono fotografati.”
I membri della spedizione mostrano trionfanti il primo esemplare di sengi dalla faccia grigia catturato. Foto: F. Rovero (2006)
La nuova specie di sengi ha il muso e la fronte grigi, a differenza di tutti gli altri sengi che sono sul bruno, pesa un buon 25-50% in piu’ degli altri sengi (710 g contro circa 500), e’ lungo 564 mm in media, che significa circa il 10-20% in piu’ degli altri toporagni-elefente giganti, e ha la fila superiore di denti notevolmente piu’ lunga dei suoi simili.
Un’ ultima, sconsolata, considerazione. I quattro sengi catturati sono stati sacrificati tramite eutanasia per essere spediti, come prescritto dalle procedure, a musei per la conferma della nuova specie. Chi vi scrive, quando ha avuto tra le mani dei sorci strani e diversi da quanto c’era sulle guide, non ha avuto il coraggio di ucciderli e li ha rilasciati, sacrificando la gloria per la vita dei topolini. Complimenti a Francesco che non si e’ fatto fregare come la sottoscritta da tentennamenti etici.
Ringraziamenti
Si ringrazia il Dr. Rovero per il tempismo e la cordialita’ con cui mi ha concesso l’uso delle fotografie per questo post
febbraio 2nd, 2008 at 3:04 pm
Bizzarra questa cosa dei parti frequenti con pochi piccoli alla volta…
Una strategia riproduttiva insolita, mi pare, o ci sono altri esempi?
febbraio 2nd, 2008 at 3:13 pm
E comunque si riconosce il tocco femminile, nella traduzione dei nomi inglesi. “Dalle terga dorate”…Io avrei detto “culo giallo”
febbraio 2nd, 2008 at 3:22 pm
Alcune osservazioni. Ero quasi certo che gli Afrotheria fosro monofiletici, non parafiletici come fai sospettare tu. Sei certa?
Il fatto che i sengi siano stati sacrificati mi ostacola un po’ dallo scrivere dell’impresa. Mi pare però che almeno tra gli uccelli non sia più indispensabile mandare a un museo il type specimen. Mi correggi se sbaglio?
Marco
P. S. Correggi i Roveri in Rovero?
febbraio 2nd, 2008 at 3:38 pm
i “complimenti” sono ironici?
febbraio 2nd, 2008 at 3:51 pm
Marco: no, non sono certa, ma la letteratura sembra darmi ragione: “morphological phylogenetic analyses of the placental mammal radiation continue to favor afrotherian polyphyly” http://www.biomedcentral.com/content/pdf/1471-2148-7-224.pdf
Le analisi genetiche danno invece risultati ambigui, mi par di capire.
“Mi pare però che almeno tra gli uccelli non sia più indispensabile mandare a un museo il type specimen. Mi correggi se sbaglio?”
Non saprei, mi pare che valga ora per i rettili, ma di uccelli non mi sono mai interessata. Per i micromammiferi pero’ e’ cosi’, ci vuole obbligatoriamente almeno pelle e cranio, credimi, mi sono informata :*(
I typo sono stati corretti, grazie.
febbraio 2nd, 2008 at 4:05 pm
Falecius: no, non era ironico, lui ha fatto quello che andava fatto, e ha fatto bene. Il metodo e’ discutibile, ed io infatti lo discuto: ognuno ragiona con la propria coscienza. Io non sono capace di ammazzare il topolino che ho in mano, ci ho pensato a lungo, e non e’ storia. Li ho lasciati andare tutti quanti, per due “cose strane” diverse. Anche quello che mi ha partorito tre cuccioli nella trappola, ho rilasciato lei e i tre piccoli, spero se li sia andati a riprendere.
Ma se non si fa come ha fatto Rovero non si va avanti, quindi non ha certo il mio biasimo.
febbraio 2nd, 2008 at 4:29 pm
Tupaia, quell’articolo in realtà non sembra negare la monofilia, anche se faccio molta fatica a capire l’inglese scientifico del testo.
Comunque in base ad altri studi la prima divergenza dai placentati sarebbero gli Xenarthra, rigettando quindi sia l’ipotesi del clade Atlantogenata sia quella degli exafroeutheria.
Anche io sapevo della monofilia degli afroteri, ma insomma, le mie conoscenze in materia sono quello che sono.
Forse non è il caso che mi metta a fare il biologo
febbraio 2nd, 2008 at 4:36 pm
Tupaia: è un punto di vista che capisco; io, in base allo stesso principio, ho smesso anche di mangiare carne, ma non biasimo chi lo fa.
febbraio 2nd, 2008 at 4:57 pm
falecius: non so, a me pare di capire che la monofilia non sia chiara.
Danilo: una kr strategia?
come tradurresti “rump” in italiano senza dover dire culo? a me veniva solo terga…
febbraio 2nd, 2008 at 6:43 pm
Mi rendo conto che stiamo spaccando il capello in quattro per una questione risibile, e che la scoperta del topone proboscidato è più importante, ma nell’articolo da te citato si dice “The monophyly of the supraordinal placental mammalian clade Afrotheria is now strongly supported by diverse forms of genomic data”. Io non ci lavoro nel campo dell’analisi filogenetica, ma mi sembra che i dati genetici siano a favore e gli altri, come dici tu, contro.
Se anche risponde nel tuo cuoricino, “ma che palle”, ti capisco benissimo…
x danilo. la strategia mi sembra r piena; in fondo sono dieci piccoli l’anno. o no? Dipende poi anche da come sono accuditi.
Marco
febbraio 2nd, 2008 at 11:26 pm
Marco: si, ho letto, ma se leggi anche altrove vedi che i tenrec e le talpe dorate sono comunque dubbi. Bho, non lo so. No, non ti rispondo che palle, anzi, la questione mi interessa parecchio, e’ che non ho voglia di andare a leggermi la letteratura pertinente. Magari chiedo anche un parere su “vertebrati”, li c’e’ sempre qualcuno che ha la risposta per tutto. Eviterei la SIBE per evitare facinorosi alla Santini.
febbraio 3rd, 2008 at 1:15 am
Marco, mi sembra che sia andato perso un tuo commento. Era in moderazione perche’ c’era un link, l’ho approvato ma non lo vedo comparire. Ti spiace ripostarlo, nel caso?
febbraio 3rd, 2008 at 8:04 pm
Ah, ricordarselo…
Marco
febbraio 4th, 2008 at 8:23 am
Un modo molto elegante ed originale di ringraziare qualcuno, definirlo una persona senza “tentennamenti etici”, resterà sicuramente ammirato dalla tua integrità morale e professionale e comprenderà la tua invidia per la sua mancanza di scrupoli
febbraio 4th, 2008 at 11:02 am
Invernale: I ringraziamenti erano per le foto, il che non c’entra niente con l’etica. Poi, come ho detto, ognuno si gestisce da se la propria coscienza e la propria professionalita’ e non mi e’ sembrato di esprimere niente di diverso che condivisione per la condotta tenuta, visto che il sistema la richiede. Se poi io non mi ci voglio adeguare sono fatti miei, mi sembra, e per questo ne ho pagate le conseguenze, altro che ammirazione! Infine, non sono al corrente degli intimi tentennamenti etici altrui, mi limito a discutere su quanto viene pubblicato e palesato.
febbraio 7th, 2008 at 11:08 pm
Marco: su Vertebrati non mi rispondono…
dicembre 23rd, 2008 at 1:59 pm
Congratulazioni per il blog!
Una volta scoperto, ora passerò volentieri!
Buone feste e Buon 2009!